Il Caso Cartesio
Daniele Bondi
Febbraio 1650: il grande filosofo e matematico Renato Cartesio, a Stoccolma su invito della regina Cristina di Svezia, si ammala e muore. Il medico sostiene che la causa della morte sia stata una polmonite, ma per tutta la città si mormora che il filosofo è stato assassinato. Il francese, anche se nel corso della sua vita ha sempre evitato conflitti e dissapori, è un pensatore scomodo, rivoluzionario e molti fra i più alti funzionari statali lo considerano un pericolo. Malvista è soprattutto la sua grande influenza sulla regina Cristina a cui impartisce lezioni di filosofia: in gioco c’è infatti la pericolosa conversione di quest’ultima al Cattolicesimo, un fatto che comporterebbe un totale sconvolgimento nel sistema di alleanze dell’intero scacchiere europeo.
Febbraio 1654: il generale asburgico Raimondo Montecuccioli, fidato uomo di corte della regina Caterina, viene a conoscenza di tutti i dettagli sulla morte del filosofo grazie a un testimone chiave che gli rivela l’intera e sconvolgente verità . Molti anni dopo, in punto di morte, il generale decide di scaricare la propria coscienza e di tentare la riabilitazione di Cartesio, scrivendo in un documento segreto diretto al Papa tutto l’oscuro mistero che circonda la morte del filosofo francese.
Febbraio 2009: la dottoranda in filosofia dell’Università di Parma, Elisabetta Palatini, entra in possesso della prima parte del manoscritto redatto da Raimondo Montecuccoli e decide di dipanare i dubbi sulla morte del famoso pensatore, coinvolgendo nelle sue ricerche anche il noto filosofo di Oxford, Thomas Doyle, chiamato a Parma per partecipare a un convegno su Cartesio. Insieme iniziano una frenetica corsa dentro a questo fosco enigma che li porta a scontrarsi spesso con le reticenze delle istituzioni moderne e a destreggiarsi tra subdoli giochi politici, insabbiamenti e documenti vecchi di tre secoli, per cercare di riportare alla luce una verità che potrebbe far riscrivere i manuali di storia e di filosofia.